28 dicembre 2009
Africa Race, rally di auto, moto e camion in Africa
Un tempo l'avventura per eccelenza nel continente Africano e non, era rappresentata dalla mitica Paris - Dakar. Poi a causa di problemi inerenti la sicurezza, la competizione è emigrata in sudamerica (Argentina e Cile) assumendo la nuova denominazione: Rally Dakar. Ora il testimone della competizione, negli stati attraversati dalla Dakar, è passato ad una nuova organizzazione che a dato vita all'Africa Race, in programma dal 27 dicembre al 10 gennaio 2010. La seconda edizione attraverserà paesi come il Marocco, Senegal e Mauritania con diverse novità. Vi possono partecipare moto, auto e camion. Per chi vuole seguire la competizione, segnalo il sito internet ufficiale dell'Africa Race: www.africarace.com
18 dicembre 2009
Ritorna la Dakar, edizione 2010
Ritorna la Dakar Rally edizione 2010
Per il secondo anno consecutivo la Dakar Rally (ex Parigi - Dakar) si svolgerà in Sudamerica, e precisamente in Argentina e Cile dal 1° al 17 Gennaio 2010. Come per la passata edizione, la partenza e l'arrivo è fissato a Buenos Aires, i concorrenti dovranno percorrere 900 km in ambienti "difficili" come il deserto di Acatama con le sue alte dune, oppure le tappe sulle Ande ad un'altezza di 4700 metri di altitudine. Etienne Lavigne (direttore generale della competizione), non ha escluso in futuro un ritorno della corsa in Africa, quando sussisteranno le condizioni di sicurezza. All'edizione del 2010 parteciperanno circa 184 moto e quad, 138 macchine e 50 camion. Tra le moto continua ad essere favorita la KTM, mentre tra le auto la Wolkswagen, primo costruttore che a vinto la corsa con un'auto alimentata a gasolio.
11 dicembre 2009
Bernard Moitessier, un grande velsta
Chi va per mare con una barca a vela sicuramente conosce Bernard Montessier.
In questa pagina leggerai dei suoi viaggi e del suo “coraggio” di rinunciare a una vittoria certa nel giro del mondo in barca a vela,
per seguire il suo “istinto” di viaggiatore dei mari.
In questa pagina leggerai dei suoi viaggi e del suo “coraggio” di rinunciare a una vittoria certa nel giro del mondo in barca a vela,
per seguire il suo “istinto” di viaggiatore dei mari.
Bernard Moitessier è nato in Indocina, l’attuale Vietnam da genitori Francesi; é stato un velista, fu il primo a circumnavigare il globo senza scalo.
Scrittore, ecologista, ha dedicato parte della propria vita alla tutela dell’ambiente.
Bernard sembra un personaggio uscito da un libro di Salgari, ma troverebbe il giusto posto anche nei racconti di Ugo Prat (l’ideatore di Corto Maltese).
Comincia la sua “carriera” di velista e vagabondo dei mari nel 1947 navigando su di una piccola giunca nel golfo di Siam.
Con l’amico Pierre a bordo di una vecchia barca chiamata Snark continuerà a navigare nel golfo del Siam, nel mar della Cina ecc. finché non fu costretto a fermarsi per le pessime condizioni della barca alle isole Mauritius dove si guadagnò da vivere alternando lavori quali il segretario del Console Francese oppure facendo il pescatore.
In seguito ripartirà con una nuova barca per i mari del sud.
Le imbarcazioni odierne sono molto tecnologiche e dotate di gps, radio per le comunicazioni e stazioni meteo. Bernard come i velisti del suo tempo non avevano nulla di tutto questo, ma si affidava per la navigazione al sestante e solcometro. Dopo aver solcato il Pacifico in lungo e largo e recatosi in Francia, decide di intraprendere un viaggio molto ambizioso quando apprende che il Sunday Times organizza per la prima volta nel 1968 la Golden Globe, regata in solitaria intorno al mondo senza scalo.
La partenza può essere fatta da un qualsiasi porto dell’Inghilterra e Bernard salpa dal porto di Plymouth il 22 agosto. Quando si ritrova primo in classifica e con la vittoria quasi certa decide di ritirarsi dalla competizione rinunciando all’arrivo a onori, gloria e 5000 sterline come premio (il Golden Globe sarà vinto da Robin Knox-Johnston).
Bernard comunica la sua decisione lanciando un messaggio con la fionda su di una nave cargo in navigazione, queste sono state le sue parole: continuo perché sono felice in mare.
Così abbandona la competizione per continuare da solitario il suo vagabondare nei mari.
Per questo suo gesto inaspettato Montessier diventa un mito non solo per tutti i velisti ma anche per gli amanti dell’avventura, spiegherà in seguito la sua decisione in un libro intitolato “la lunga rotta” diventato un cult per la gente di mare.
In seguito Bernard trascorse 14 anni della sua vita nelle isole della Polinesia su di una barca come casa, ma la sua non è una “fuga” dal Mondo bensì una scelta di vita, in questi anni si batte attivamente contro gli esperimenti Nucleari nel sud del Pacifico.
Dopo questo lungo periodo di “eclissi” farà ritorno in Francia, dove nel 1994 a Parigi verrà “vinto” da un male incurabile, ancora oggi i libri di Bernard Montessier rimangono un “cult” per tutti gli amanti del mare.
Scrittore, ecologista, ha dedicato parte della propria vita alla tutela dell’ambiente.
Bernard sembra un personaggio uscito da un libro di Salgari, ma troverebbe il giusto posto anche nei racconti di Ugo Prat (l’ideatore di Corto Maltese).
Comincia la sua “carriera” di velista e vagabondo dei mari nel 1947 navigando su di una piccola giunca nel golfo di Siam.
Con l’amico Pierre a bordo di una vecchia barca chiamata Snark continuerà a navigare nel golfo del Siam, nel mar della Cina ecc. finché non fu costretto a fermarsi per le pessime condizioni della barca alle isole Mauritius dove si guadagnò da vivere alternando lavori quali il segretario del Console Francese oppure facendo il pescatore.
In seguito ripartirà con una nuova barca per i mari del sud.
Le imbarcazioni odierne sono molto tecnologiche e dotate di gps, radio per le comunicazioni e stazioni meteo. Bernard come i velisti del suo tempo non avevano nulla di tutto questo, ma si affidava per la navigazione al sestante e solcometro. Dopo aver solcato il Pacifico in lungo e largo e recatosi in Francia, decide di intraprendere un viaggio molto ambizioso quando apprende che il Sunday Times organizza per la prima volta nel 1968 la Golden Globe, regata in solitaria intorno al mondo senza scalo.
La partenza può essere fatta da un qualsiasi porto dell’Inghilterra e Bernard salpa dal porto di Plymouth il 22 agosto. Quando si ritrova primo in classifica e con la vittoria quasi certa decide di ritirarsi dalla competizione rinunciando all’arrivo a onori, gloria e 5000 sterline come premio (il Golden Globe sarà vinto da Robin Knox-Johnston).
Bernard comunica la sua decisione lanciando un messaggio con la fionda su di una nave cargo in navigazione, queste sono state le sue parole: continuo perché sono felice in mare.
Così abbandona la competizione per continuare da solitario il suo vagabondare nei mari.
Per questo suo gesto inaspettato Montessier diventa un mito non solo per tutti i velisti ma anche per gli amanti dell’avventura, spiegherà in seguito la sua decisione in un libro intitolato “la lunga rotta” diventato un cult per la gente di mare.
In seguito Bernard trascorse 14 anni della sua vita nelle isole della Polinesia su di una barca come casa, ma la sua non è una “fuga” dal Mondo bensì una scelta di vita, in questi anni si batte attivamente contro gli esperimenti Nucleari nel sud del Pacifico.
Dopo questo lungo periodo di “eclissi” farà ritorno in Francia, dove nel 1994 a Parigi verrà “vinto” da un male incurabile, ancora oggi i libri di Bernard Montessier rimangono un “cult” per tutti gli amanti del mare.
Bernard Moitessier, i suoi libri:
La lunga rotta, gruppo editoriale Mursia, pubblicazione 1999
Capo Horn alla vela, gruppo editoriale Mursia, pubblicazione 1991
Vela e mari lontani – isole e lagune, casa editrice Incontri Nautici, pubblicazione 1999
Tamata e l’alleanza, l’autobiografia di un grande navigatore, casa editrice Incontri Nautici
Un vagabondo dei mari del sud, gruppo editoriale Mursia
La lunga rotta, gruppo editoriale Mursia, pubblicazione 1999
Capo Horn alla vela, gruppo editoriale Mursia, pubblicazione 1991
Vela e mari lontani – isole e lagune, casa editrice Incontri Nautici, pubblicazione 1999
Tamata e l’alleanza, l’autobiografia di un grande navigatore, casa editrice Incontri Nautici
Un vagabondo dei mari del sud, gruppo editoriale Mursia
10 dicembre 2009
Alain Robert, scala i grattacieli a mani nude
Alain Robert
05 dicembre 2009
Toscana, un luogo da visitare: Sant'Antimo
Sant’Antimo
La storia dell’abbazia di Sant’Antimo
La fondazione dell’abbazia imperiale di Sant’Antimo è tradizionalmente attribuita a Carlo Magno, anche se la prima attestazione risale all’anno 813 in un diploma dell’imperatore Ludovico il Pio. Nel corso del IX secolo l’abbazia, grazie ai privilegi imperiali ed all’acquisizione delle reliquie di Sant’Antimo, consolidò il suo prestigio e, nell’XI secolo, per la vicinanza alla via Francigena, si trovò inserita nel sistema dei grandi itinerari di pellegrinaggio europei. L’attività di assistenza e cura dei pellegrini fece moltiplicare le donazioni a favore dell’abbazia, che divenne una delle più potenti fondazioni monastiche della Toscana con estese proprietà nel Senese e nella Maremma.La ricca elargizione da parte del conte Bernardo degli Ardengheschi all’abbazia permise, negli anni immediatamente successivi al 1117, l’edificazione della nuova chiesa abbaziale,in sostituzione di quella più antica, la cosiddetta Cappella Carolingia, ancora oggi visibile. Nel nuovo edificio si condensarono le principali esperienzedellacultura romanica italiana ed europea di matricecluniacense.I suoi caratteri risentono, come nessun’altra costruzione in Toscana, di una marcata impronta francese fortemente mediata, tuttavia, dalla tradizione architettonica locale, influenzata dalla cultura artistica lombarda.Lo schema basitale, a tre navate con deambulatorio e cappelle radiali, si ispira alle grandi chiese di pellegrinaggio di matrice francese, come anche il notevole slancio ascensionale della navata centrale e la decorazione plastica con motivi geometrici e fitomorfici di eccezionale qualità, da cui emerge il capitello con Daniele nella fossa dei leoni attribuito al maestro di Cabestany, attivo in più luoghi d’Europa. Di derivazione lombarda sono, invece, l’alternarsi di colonne e pilastri cruciformi, alcuni elementi decorativi, come i capitelli del deambulatorio, ed il campanile. Le consistenti spese sostenute per la costruzione dela nuova chiesa, causarono una precaria situazione economica, documentata già nel 1163, che segnò l’inizio della decadenza dell’abbazia benedettina, affidata nel 1291 ai frati Guglielmiti e soppressa nel 1462 da papa Pio II.
La storia dell’abbazia di Sant’Antimo
La fondazione dell’abbazia imperiale di Sant’Antimo è tradizionalmente attribuita a Carlo Magno, anche se la prima attestazione risale all’anno 813 in un diploma dell’imperatore Ludovico il Pio. Nel corso del IX secolo l’abbazia, grazie ai privilegi imperiali ed all’acquisizione delle reliquie di Sant’Antimo, consolidò il suo prestigio e, nell’XI secolo, per la vicinanza alla via Francigena, si trovò inserita nel sistema dei grandi itinerari di pellegrinaggio europei. L’attività di assistenza e cura dei pellegrini fece moltiplicare le donazioni a favore dell’abbazia, che divenne una delle più potenti fondazioni monastiche della Toscana con estese proprietà nel Senese e nella Maremma.La ricca elargizione da parte del conte Bernardo degli Ardengheschi all’abbazia permise, negli anni immediatamente successivi al 1117, l’edificazione della nuova chiesa abbaziale,in sostituzione di quella più antica, la cosiddetta Cappella Carolingia, ancora oggi visibile. Nel nuovo edificio si condensarono le principali esperienzedellacultura romanica italiana ed europea di matricecluniacense.I suoi caratteri risentono, come nessun’altra costruzione in Toscana, di una marcata impronta francese fortemente mediata, tuttavia, dalla tradizione architettonica locale, influenzata dalla cultura artistica lombarda.Lo schema basitale, a tre navate con deambulatorio e cappelle radiali, si ispira alle grandi chiese di pellegrinaggio di matrice francese, come anche il notevole slancio ascensionale della navata centrale e la decorazione plastica con motivi geometrici e fitomorfici di eccezionale qualità, da cui emerge il capitello con Daniele nella fossa dei leoni attribuito al maestro di Cabestany, attivo in più luoghi d’Europa. Di derivazione lombarda sono, invece, l’alternarsi di colonne e pilastri cruciformi, alcuni elementi decorativi, come i capitelli del deambulatorio, ed il campanile. Le consistenti spese sostenute per la costruzione dela nuova chiesa, causarono una precaria situazione economica, documentata già nel 1163, che segnò l’inizio della decadenza dell’abbazia benedettina, affidata nel 1291 ai frati Guglielmiti e soppressa nel 1462 da papa Pio II.
Diario di viaggio
È un luogo a me particolarmente caro e di grande suggestione sia per il visitatore credente e non. Arrivando dalla strada di Montalcino appare improvvisamente nel basso di una conca, il paese si trova al contrario nella sommità di una collina, l’abbazia di sant’Antimo è circonda da campi di ulivi nonche gli immancabili filari di vite, poco distante si trova Montalcino patrai del famoso vino Brunello. La cosa bella del luogo e che in considerazione di vincoli paesaggistici (lo penso io) non sono state costruite case nelle vicinanze per cui il luogo è rimasto praticamente immutato rispetto a quando arrivavano i pellegrini. L’abbazia di Sant’Antimo è visitabile per intero solo in certi orari della giornata ovvero quando non ci sono le funzioni religiose come la messa oppure le lodi. Di grande suggestione è la messa domenicale che ribadisco non deve essere considerato uno “spettacolo”, si svolge alle ore 11,00 ed è celebrata con canti Gregoriani, ho avuto modo di assistervi personalmente. Giungendo in questo luogo tra i più belli della Toscana è facile incontrare nei mesi estivi gruppi di Scout con i loro pesanti zaini, a Sant’Antimo c’è un centro di accoglienza per i medesimi. Varcando la soglia della chiesa si è “accolti” dal grande crocefisso in legno posto dietro l’altare che emana un grande senso di pace e spiritualità, altresì rimango colpito dalla semplicità del luogo ma al contempo dalla sua grande bellezza, provo da subito un senso di “tranquillità interiore” non sempre riscontrato in altri luoghi religiosi, probabilmente dovuto alla notevole presenza di turisti, scusate la licenza: nel mio peregrinare con la moto in Africa come in Italia mi sono sempre considerato un viaggiatore e non un turista. In questa chiesa vengono aspersi oli essenziali di lavanda, impossibile non sentirne il buonissimo profumo, questo è un luogo da “contemplare” restando in silenzio. All’interno se escludiamo 2 affreschi dietro l’altare non ve ne sono altri ai muri laterali, molto belli sono i capitelli posti sopra le colonne che sorreggono la struttura, all’entrata della chiesa molto belle sono le due acquasantiere sorrette da due grandi leoni scolpiti nella pietra. Sempre all’interno noto che alcune colonne poste dietro l’altare anno inciso scritte in latino, poi sotto l’altare c’è una piccola cripta a cui si accede scendendo alcuni scalini, mentre sopra gli scalini che portano all’altare leggermente sollevato dal pavimento anno inciso delle scritte in latino nella pietra, con una particolarità: c’è negli scalini una piccola finestrella con una grata che permette di vedere l’interno della cripta citata precedentemente. La parte dietro l’altare è molto bella ma è soffermandosi a guardare il grande crocefisso in legno d’ulivo che non si può rimanere indifferenti. Sarà la stessa croce, il profumo di lavanda che si respira oppure i canti in Gregoriano ma risulta per me difficile scrivere cosa provato in questi frangenti, cose molto soggettive. Seduto su una panca in legno a contemplare la chiesa e la grande croce noto da una piccola finestra dietro l’altare il classico cipresso in cima ad una collina, ormai un “marchio di fabbrica” per la Toscana. Altri particolari interni alla chiesa sono il soffitto che non presenta le classiche volte ma semplici travi in legno e mattoni comunque in sintonia con il luogo e le finestre che permettono alla luce di penetrare all’interno, non anno vetrate colorate. Esternamente degno di nota è il bel campanile nella cui parte inferiore ci sono in rilievo degli animali presenti pure dietro le navate della medesima chiesa, a lato di questa c’è pure una seconda piccola chiesetta che non è visitabile, la si vede sono da dietro l’abbazia.
Galleria fotografica
È un luogo a me particolarmente caro e di grande suggestione sia per il visitatore credente e non. Arrivando dalla strada di Montalcino appare improvvisamente nel basso di una conca, il paese si trova al contrario nella sommità di una collina, l’abbazia di sant’Antimo è circonda da campi di ulivi nonche gli immancabili filari di vite, poco distante si trova Montalcino patrai del famoso vino Brunello. La cosa bella del luogo e che in considerazione di vincoli paesaggistici (lo penso io) non sono state costruite case nelle vicinanze per cui il luogo è rimasto praticamente immutato rispetto a quando arrivavano i pellegrini. L’abbazia di Sant’Antimo è visitabile per intero solo in certi orari della giornata ovvero quando non ci sono le funzioni religiose come la messa oppure le lodi. Di grande suggestione è la messa domenicale che ribadisco non deve essere considerato uno “spettacolo”, si svolge alle ore 11,00 ed è celebrata con canti Gregoriani, ho avuto modo di assistervi personalmente. Giungendo in questo luogo tra i più belli della Toscana è facile incontrare nei mesi estivi gruppi di Scout con i loro pesanti zaini, a Sant’Antimo c’è un centro di accoglienza per i medesimi. Varcando la soglia della chiesa si è “accolti” dal grande crocefisso in legno posto dietro l’altare che emana un grande senso di pace e spiritualità, altresì rimango colpito dalla semplicità del luogo ma al contempo dalla sua grande bellezza, provo da subito un senso di “tranquillità interiore” non sempre riscontrato in altri luoghi religiosi, probabilmente dovuto alla notevole presenza di turisti, scusate la licenza: nel mio peregrinare con la moto in Africa come in Italia mi sono sempre considerato un viaggiatore e non un turista. In questa chiesa vengono aspersi oli essenziali di lavanda, impossibile non sentirne il buonissimo profumo, questo è un luogo da “contemplare” restando in silenzio. All’interno se escludiamo 2 affreschi dietro l’altare non ve ne sono altri ai muri laterali, molto belli sono i capitelli posti sopra le colonne che sorreggono la struttura, all’entrata della chiesa molto belle sono le due acquasantiere sorrette da due grandi leoni scolpiti nella pietra. Sempre all’interno noto che alcune colonne poste dietro l’altare anno inciso scritte in latino, poi sotto l’altare c’è una piccola cripta a cui si accede scendendo alcuni scalini, mentre sopra gli scalini che portano all’altare leggermente sollevato dal pavimento anno inciso delle scritte in latino nella pietra, con una particolarità: c’è negli scalini una piccola finestrella con una grata che permette di vedere l’interno della cripta citata precedentemente. La parte dietro l’altare è molto bella ma è soffermandosi a guardare il grande crocefisso in legno d’ulivo che non si può rimanere indifferenti. Sarà la stessa croce, il profumo di lavanda che si respira oppure i canti in Gregoriano ma risulta per me difficile scrivere cosa provato in questi frangenti, cose molto soggettive. Seduto su una panca in legno a contemplare la chiesa e la grande croce noto da una piccola finestra dietro l’altare il classico cipresso in cima ad una collina, ormai un “marchio di fabbrica” per la Toscana. Altri particolari interni alla chiesa sono il soffitto che non presenta le classiche volte ma semplici travi in legno e mattoni comunque in sintonia con il luogo e le finestre che permettono alla luce di penetrare all’interno, non anno vetrate colorate. Esternamente degno di nota è il bel campanile nella cui parte inferiore ci sono in rilievo degli animali presenti pure dietro le navate della medesima chiesa, a lato di questa c’è pure una seconda piccola chiesetta che non è visitabile, la si vede sono da dietro l’abbazia.
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Come arrivare a San’Antimo
Per chi proviene da Nord (Firenze) con la supestrada che porta a Siena, uscire a Siena – Sud e proseguire per la via Cassia, dopo Buonconvento, girare per Montalcino. Arrivati nella “patria” del famoso vino Brunello seguire le indicazioni per Castelnuovo dell’Abate oppure per Abbazia di Sant’Antimo.Per chi arriva dal Sud (Roma) tramite l’autostrada l’uscita consigliata è a Chiusi, proseguire per Chianciano Terme, quindi Montepulciano, Pienza, San Quirico d’Orcia, Montalcino ed infine Castelnuovo dell’Abate oppure Sant’Antimo.Tratto dal sito internet: www.avventuraitalia.it
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